Le Cronache del Dado ep. -2
“Ispin era un caro amico per tutti. Un avventuriero, come pochi ce ne sono stati. Ogni volta che si fermava in posto, la gente si radunava in una taverna e ascoltava le sue storie per ore. Il popolo di Vogler si riunisce qua oggi per celebrare la vita di questo uomo. Alzate i vostri calici e brindate. Per Ispin!” Finì così il discorso commemorativo del sindaco Raven.
La folla radunata al Granchio di Ottone alzò le coppe, “per ispin!” fecero in coro.
Il sindaco scese dal balcone e si scambiò segni di affetto con gli abitanti del paese. Un uomo anziano, dalla folta barba, si alzò da una sedia, sulla quale era seduto da ormai un’ora. Si schiarì la voce e iniziò a parlare, “io e Ispin ci conosciamo da non so quanti anni. Allora la mia barba era nera come gli occhi di un corvo mentre i capelli di Ispin già mostravano varie striature bianche”. Una risata amichevole si levò dalla folla. L’anziano continuò il suo discorso, “è grazie a lui se ogni tanto uscivo dalla mia torre e non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto capire che non basta vivere la vita degli altri attraverso i libri, ma a volte dobbiamo uscire dalle nostre comodità e viverla in prima persona. A Ispin!”.
“A Ispin!” risposero gli abitanti.
Il vecchio si rimise a sedere e uno strano essere, mezzo uomo-mezzo uccello, richiamò l’attenzione della folla, “salve a tutti. Non sono abituato a fare certe cose perciò sarò breve. Per me Ispin era come un secondo padre. Lui non ha mai nascosto il fatto che io fossi stato diverso, ma al posto di suggerirmi di celare la mia vera natura mi ha insegnato a comprenderla. La bellezza della vita sta nelle differenze e solo grazie a lui sono riuscito a capirlo. A Ispin!”
I cittadini di Vogler alzarono ancora una volta le coppe e all’unisono urlarono “A Ispin!”.
Un goblin salì sul balcone, là dove, pochi minuti prima, il sindaco Raven aveva tenuto il suo discorso. La folla incominciò a fischiare e a fare il tifo per il piccolo essere, che si stava preparando a parlare.
“Grazie, grazie! Troppo gentili!” disse, si schiarì la voce e rincominciò, “come sapete, sono l’ultima persona ad aver visto Ispin vivo. Due giorni fa siamo andati a pescare insieme e, per sua sfortuna, mi ha sfidato ad una gara di pesca!”, gli abitanti, conoscendo la straordinaria abilità di pesca del goblin, risero e si dettero pacche di conforto sulle spalle, “ovviamente sapete come è finita la gara, ma quel giorno è successo qualcos’altro. Siamo stati attaccati da due, mostruosi e letali, granchi giganti! Ebbene si, non spaventatevi signore, perchè io Mogh, con un piccolo aiuto di Ispin, li ho sconfitti!”. Mentre lo diceva tirò fuori da una tasca un coltello ricurvo e mimò il combattimento avvenuto con i granchi. La folla, nel frattempo, continuava a ridere e a fischiare. Mogh si rifece serio e incominciò a osservare il suo pugnale, girandoselo tra le mani, “come ha detto quell’uomo pennuto prima, a Ispin non importava come eri fatto. Riusciva a vedere il buono che c’è in ogni persona…mi mancherai vecchiaccio. A Ispin!”
Ancora in volta, in coro, “A Ispin!”.
L’ultimo a parlare fu un uomo in una scintillante armatura, una rosa rossa decorava il pettorale d’acciaio. Quando si alzò in piedi, la gente incominciò a mormorare, “un cavaliere di Solamnia”, “guarda mamma, è proprio come Becklin”, “Ispin conosceva davvero ogni genere di persona!”.
Piano piano il mormorio scomparve e lasciò spazio alle parole del cavaliere, “se penso a Ispin, la mente mi riporta alla mia infanzia. Ogni tanto, mentre giocavo in giardino, vedevo un signore arrivare. Un grande zaino sulle spalle e sotto di esso uno scudo verde smeraldo. Quel signore, ogni volta che veniva a trovare i miei genitori, mi intratteneva per ore con le sue storie fantastiche. Non ci avevo mai pensato ma è grazie a quelle storie che sono diventato l’uomo che sono oggi. Ispin incarnava perfettamente i valori dei Cavalieri di Solamnia e il suo onore è ciò a cui voglio brindare stasera. A Ispin!”. Dopodichè, tra gli schiamazzi della folla, il cavaliere strinse il medaglione che indossava al collo e recitò a bassa voce, “est solarus oth mithas”.
La gente beveva e cantava, raccontando aneddoti su Ispin e le sue avventure. Mogh, il goblin, si avvicinò con due boccali allo strano essere pennuto. Gliene porse uno e disse, “questo è per te. Sempre che tu riesca a bere dal boccale”. Il Kenku fu colto alla sprovvista, “come scusa?” fece. Il goblin si mise a sedere a cavalcioni su una sedia libera, “ma si, dico…no? Con quel becco…non so se bevi dai bicchieri…”. L’uomo-uccello si toccò il becco appuntito, “non preoccuparti, il mio becco può bere da ogni genere di contenitore!”, rispose prima di bere un sorso di birra. “Comunque sia”, continuò, “hai fatto proprio un bel discorso, ho sentito che la gente ti chiamava Mogh, è il tuo nome vero? Io sono Piumino”. Mogh si dovette trattenere dallo scoppiare a ridere, “Piumino? Proprio un nome che calza a pennello direi! Comunque si, mi chiamo Mogh. Sono il pescatore più abile di tutta Vogler. Non per vantarmi eh, ma è così che mi chiama la gente del posto”.
“Ragazzo, visto che sei forte e giovane, mi aiuteresti ad alzarmi?”, l’anziano con la folta barba bianca si rivolse al cavaliere di Solamnia, “sai, ho viaggiato tutta la notte sopra un carretto infernale e le mie ossa ne hanno risentito più di quanto avessi sperato”. Il giovane uomo allungò il braccio verso il vecchio per aiutarlo e notò le lunghe vesti rosse che indossava, “signore, lei è un mago dell’Ordine dell’Alta Stregoneria, vero?” disse. L’anziano si appoggiò sul suo bastone in legno ed esclamò, “ebbene si ragazzo, sono felice che tra voi giovani ci sia qualcuno che riconosce le vecchie istituzioni. La memoria storica è più importante di quanto si credi. Costituisce le fondamenta di una società basata su sani valori. Ma immagino tu lo sappia molto bene, Cavalier?”.
“Brightblade signore. Percival Brightblade”, rispose il cavaliere.
Il mago alzò le sopracciglia, stupito, “Brightblade eh? Piacere, io sono Baltazar Inkstone. Sfortunatamente non faccio parte di una famiglia importante come la vostra. Voi avete radici molto profonde nel Nightlund. Un giorno sono incappato nel vostro albero genealogico, lo sapevi che i vostri antenati risalgono da ben prima del Cataclisma? Che cosa affascinante, vedi…”. Il mago continuò, raccontando al ligio Cavaliere di Solamnia, la storia dei suoi antenati di cui non aveva mai sentito il nome.
Un nano, con degli ispidi baffi a manubrio e una barba a treccia, si avvicinò a Piumino e a Mogh con fare prepotente. Il goblin lo squadrò mentre si avvicinava, “allora Joshua? Sei venuto a congratularti con me per la vittoria di domani?” disse. Il nano divenne paonazzo dalla rabbia, “dannato orecchie a punta, non vincerai anche la gara di quest’anno!” rispose prendendo di foga un boccale dal balcone della taverna.
Piumino guardò lo scorbutico nano, palesemente alticcio, che se ne andava fuori dal Granchio di Ottone, “che succede domani Mogh?” disse. Il goblin bevve alla goccia la birra nel suo bicchiere, si pulì la bocca e fece un rutto, “ma dove hai vissuto fin’ora? Ah già. nel bosco hai detto…comunque sia, domani c’è il Festival del Martin Pescatore! Ogni anno Vogler festeggia la ricorrenza di questo giorno importantissimo. Vedi, anni e anni fa, delle persone brutte e cattive provarono a conquistare queste terre, ma i Cavalieri di Solasta, guidati dal Cavaliere Vogler, gli fecero il culo e li rispedirono in quel buco di-“
“Mogh”, una donna dai capelli bianchi chiamò il goblin, indossava un’armatura da Cavaliere di Solamnia, “avrei bisogno di parlarvi. Sì, anche a te figlio di Gromz” disse. Piumino rimase stupito per un momento, “conosceva mio padre?”. La donna fece una piccola risata, “eccome se lo conoscevo! Io, Cudgel, Ispin e tuo padre eravamo un gruppo di avventurieri! E che gruppo…al tempo eravamo giovani sai”. Il Kenku non rispose, perso nei suoi pensieri, ma fece un sorriso amichevole all’anziana Cavaliera di Solamnia, “quando potete, venite fuori”, concluse.
Percival e Baltazar erano appoggiati su alcune casse accatastate sulla banchina, guardavano silenziosi l’acqua del fiume Vingaard, che scorreva libera verso l’Oceano Torbido. Avevano conosciuto una Cavaliera di Solamnia che gli aveva detto di aspettare lì. L’aria era tiepida e la dolce brezza che proveniva da sud rendeva quell’attesa un piacevole momento di meditazione. L’anziana donna uscì dalla porta della taverna dietro di loro, in compagnia del goblin e dell’uomo-pennuto.
“Bene, siete tutti qua”, l’eterogeneo gruppo si guardava incuriosito, “per chi non mi conoscesse io mi chiamo Becklin, sono la protettrice di Vogler e una cara amica di Ispin. Se vorreste essere così gentili di seguirmi avrei qualcosa per ognuno di voi”. Il gruppo, senza troppi discorsi, accettò l’offerta della cavaliera e si incamminarono verso la parte settentrionale del piccolo villaggio.
Mentre camminavano videro un’antica fortezza, posta sopra un’altura a ridosso del cancello d’ingresso per Vogler: l’edera ricopriva la maggior parte delle mura e alcune sezioni era chiaramente in rovina. Baltazar notò che la struttura dovesse essere più antica del Cataclisma stesso. Davanti al forte, un’altra altura faceva sì che si creasse come uno stretto passaggio che portava al cancello principale del villaggio.
Il gruppo salì su una ripida rampa di scale fino a raggiungere l’entrata della fortezza. L’incubo di Baltazar si era fatto reale, due rampe di scale di fila. Con il cuore a mille il mago arrancava sugli scalini di pietra, maledicendo l’inventore di quegli strumenti di tortura. Infine giunsero in un’ampia stanza circolare: un tappeto ricopriva quasi tutto il pavimento e una lunga scrivania di legno, posta davanti ad una finestra, era illuminata dal fuoco scoppiettante del camino.
Nella stanza era già presente un’ospite, una nana dalla pelle scura, in armatura, stava giocando con una mela, lanciandola in aria e afferrandola al volo. “Becklin, ce ne hai messo di tempo”, fece. “Cudgel, a differenza tua, noi umani sentiamo il peso degli anni che avanzano”, rispose Becklin, poi si girò verso il gruppo ed esclamò, “signori, questa è Cudgel Ironsmile, comandante del reggimento Ironclad, un gruppo di mercenari stanziato poco fuori di Vogler”. Il gruppo si presentò alla nana che nel frattempo aveva posato la mela e si era alzata in piedi.
Insieme a Becklin si abbassarono sotto la scrivania e tirarono fuori un grande baule ornato. Con fatica lo issarono sopra al tavolo. Poi l’anziana cavaliera prese una pergamena chiusa con della cera lacca e l’aprì. “Questo è il testamento di Ispin, prima di consegnarmelo mi ha espressamente detto di leggerlo soltanto in vostra presenza”, l’aria si fece più pesante tutto d’un tratto. Becklin dispiegò la pergamena e incominciò a leggere, “Io, Ispin Greenshield, ancora in possesso delle facoltà di capire qualcosa, lascio a voi i miei beni più cari: a te Piumino lascio il mio mantello, che ti accompagni nelle tue battute di caccia. A Mogh lascio questi occhiali protettivi, durante la tue uscite in barca ti servirà qualcosa che ti protegga dai raggi del sole. Al mio vecchio amico Baltazar lascio questa curiosa pietra, non conosco il suo potere ma sono certo che non avrai problemi a capirlo tu stesso. Infine, lascio al giovane Percival il mio fedele scudo e la mia spada, che tu possa usarli per il bene di tutti.”
Ci fu un attimo di silenzio. Cudgel prese gli averi di Ispin dalla cassa e li donò ai loro nuovi proprietari. Becklin si asciugò una lacrima dal bordo un occhio, “ci sarebbe un’altra cosa poi. Ispin mi ha espressamente chiesto di farvi partecipare alla rievocazione della battaglia dell’Alto Colle”, la cavaliera vide che nessuno, a parte Mogh ovviamente, sapeva di cosa si stesse parlando, “avete già sentito parlare del festival del Martin Pescatore?” continuò Becklin, “beh qualcosa ho accennato”, rispose Mogh. La donna dette una pacca sulla spalla del goblin, “prima del cataclisma il colle dietro Vogler fu il teatro di una grande battaglia tra il popolo di Istar e i Cavalieri di Solamnia. Ogni anno festeggiamo questa ricorrenza organizzando una battaglia rievocativa. Quest’anno abbiamo pure una sorpresa, vero Cudgel?”. La nana fece un sorriso a trentadue denti e disse “ebbene sì, quest’anno toccherà al reggimento Ironclad interpretare le forze di Istar. Ma non preoccupatevi, dobbiamo perdere per forza!”. Baltazar scosse la testa, “dannato Ispin, so che sei morto solo per farmi partecipare a questa battaglia! Immagino tu te la stia facendo sotto dalle risate ovunque tu sia!”.
“Chi vuole del merluzzo caramellato? Il più buono della costa! Forza venite signori!”, un uomo urlava dietro la sua bancarella, sventolando bastoncini di pesce caramellati. Bancarelle come la sua erano disposte tutte intorno alla piazza centrale di Vogler. Dolcetti, piccoli oggetti di artigianato, attrezzatura da pesca, queste erano solo alcune delle cose che vi si potevano trovare. Su ogni edificio, invece, erano state attaccate decorazioni di carta, ritagliate in modo da ricreare la forma del Martin Pescatore. Il Festival era iniziato.
Piumino, Baltazar e Percival uscirono dalla locanda del Granchio d’Ottone, nella quale avevano trascorso la notte. Videro il goblin del giorno precedente venirgli incontro con uno spiedino di pesce alla griglia. “Buongiorno ragazzi! Che ne dite eh? Vogler sa divertirsi quando vuole”, disse Mogh. Baltazar pensò che erano anni che non partecipava a qualcosa che, anche lontanamente, potesse sembrare una festa, guardò divertito il goblin e disse, “devo dire che è molto carino qua, nessuna folla molesta, nessun borseggiatore pronto a derubarti. Mi ci potrei abituare! In più, i miei studi dicono che l’aria di mare faccia bene ai polmoni”. “Sai cosa ti farà bene vecchio? Una bella gara di pesca! Dovete sapere, però, che ogni anno la vinco io”, rispose Mogh con un certo grado di superiorità. Piumino non aveva mai partecipato a una gara, l’uniche a cui aveva assistito erano quelle di bevute a cui partecipava sua padre Gromz, inutile dire che le vinceva tutte. “Io sarei interessato Mogh, non mi ritengo un vero e proprio pescatore ma forse so il fatto mio”, disse il Kenku al goblin impettito, che rispose, “ah sì? Mi vuoi dire che forse avrò una sfida per una volta? Andiamo a iscriverci Piumino forza!”. Mogh afferrò Piumino per il braccio e lo trascinò verso le banchine.
Percival aveva sentimenti contrastanti: era da molto tempo che non si lasciava andare, il potere che gli era stato affidato aveva rafforzato ancora di più il suo senso del dovere. Sapeva che ogni minuto perso significasse lasciare al loro destino persone che avevano bisogno del suo aiuto. Ma d’altro canto, anche se scelto come campione da Paladine stesso, era pur sempre un umano.
Fece un sorriso dopo la scenetta di Mogh, “andiamo anche noi, voglio vedere se il pennuto abbasserà la cresta di quel pallone gonfiato di un goblin”, disse.
Metà villaggio era radunato intorno alle banchine: facevano il tifo, bevevano e scherzavano. I concorrenti era disposti a schiera su uno dei ponteggi in legno, le canne da pesca in mano e un secchio di esche al loro fianco. Piumino guardava lo strumento da pesca che aveva in mano, “chissà che devo farci con questo, io pensavo che potevo usare il mio arco!” pensò. Il sindaco Raven era in piedi sopra una cassa, richiamò l’attenzione di tutti e disse, “signore e signori! Benvenuti al secondo evento più importante del Festival del Martin Pescatore! La famosa gara di pesca di Vogler! Le regole sono semplici, chi pesca il pesce più grande in un’ora vince! Ai vostri posti…partenza…via!”.
La piccola folla esplose in un applauso e, tra gli schiamazzi, i pescatori incominciarono a mettere le esche sugli ami e a lanciarli il più lontano possibile. Piumino cercò di copiare quello che stavano facendo gli altri, con discreti risultati. La competizione era spietata ma, come ogni anno, i miglior pesci venivano catturati da Joshua e da Mogh, che si scambiavano sguardi di sfida appena ne avevano l’occasione.
Il tempo stava per volgere al termine, Piumino era riuscito a prendere solamente pesci di taglia piccola, comunque un successo visto che non sapeva cosa stava facendo. Appena Joshua tirò fuori dal fiume una carpa da circa venti kilogrammi, Mogh afferrò qualcosa. Qualcosa di grosso. Piantò i piedi a terra e fece una torsione con il corpo, era una tecnica rischiosa, la lenza si poteva spezzare da un momento all’altro, ma più grosso è il rischio più grossa è la ricompensa. Tirò con tutta la forza che possedeva e dall’acqua uscì fuori un enorme pesce gatto di almeno trenta kilogrammi. La folla incominciò ad applaudire e fischiare.
“Giù le canne!”, urlò il sindaco Raven da sopra la cassa, “verrà il giorno in cui non ripeterò più questa cosa”, disse, “il vincitore della gara di pesca di Vogler è…Mogh! Congratulazioni! Questo premio è per te!”. Il goblin si avvicinò al sindaco, “grazie, grazie”, fece, allungando le mani verso il trofeo: un martin pescatore intagliato nel legno. “Incomincio a non avere più spazio in casa per queste statuette!”, le persone lì radunate iniziarono a ridere ed a festeggiare l’ennesima vittoria del goblin.
Metà villaggio era radunato intorno alle banchine: facevano il tifo, bevevano e scherzavano. I concorrenti era disposti a schiera su uno dei ponteggi in legno, le canne da pesca in mano e un secchio di esche al loro fianco. Piumino guardava lo strumento da pesca che aveva in mano, “chissà che devo farci con questo, io pensavo che potevo usare il mio arco!” pensò. Il sindaco Raven era in piedi sopra una cassa, richiamò l’attenzione di tutti e disse, “signore e signori! Benvenuti al secondo evento più importante del Festival del Martin Pescatore! La famosa gara di pesca di Vogler! Le regole sono semplici, chi pesca il pesce più grande in un’ora vince! Ai vostri posti…partenza…via!”.
La piccola folla esplose in un applauso e, tra gli schiamazzi, i pescatori incominciarono a mettere le esche sugli ami e a lanciarli il più lontano possibile. Piumino cercò di copiare quello che stavano facendo gli altri, con discreti risultati. La competizione era spietata ma, come ogni anno, i miglior pesci venivano catturati da Joshua e da Mogh, che si scambiavano sguardi di sfida appena ne avevano l’occasione.
Il tempo stava per volgere al termine, Piumino era riuscito a prendere solamente pesci di taglia piccola, comunque un successo visto che non sapeva cosa stava facendo. Appena Joshua tirò fuori dal fiume una carpa da circa venti kilogrammi, Mogh afferrò qualcosa. Qualcosa di grosso. Piantò i piedi a terra e fece una torsione con il corpo, era una tecnica rischiosa, la lenza si poteva spezzare da un momento all’altro, ma più grosso è il rischio più grossa è la ricompensa. Tirò con tutta la forza che possedeva e dall’acqua uscì fuori un enorme pesce gatto di almeno trenta kilogrammi. La folla incominciò ad applaudire e fischiare.
“Giù le canne!”, urlò il sindaco Raven da sopra la cassa, “verrà il giorno in cui non ripeterò più questa cosa”, disse, “il vincitore della gara di pesca di Vogler è…Mogh! Congratulazioni! Questo premio è per te!”. Il goblin si avvicinò al sindaco, “grazie, grazie”, fece, allungando le mani verso il trofeo: un martin pescatore intagliato nel legno. “Incomincio a non avere più spazio in casa per queste statuette!”, le persone lì radunate iniziarono a ridere ed a festeggiare l’ennesima vittoria del goblin.
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