Le Cronache del Dado ep. 1
“Non ce la faccio più a camminare, noi pescatori usiamo le barche per un motivo!” con la sua voce stridula tipica dei goblin, Mogh, ruppe il silenzio accumolato nelle quattro ore di cammino.
Baltazar si girò verso il goblin mentre si accarezzava la folta barba bianca “Sai ti capisco Mogh, alla mia età, come voi ben sapete, diventa arduo intraprendere certi viaggi, soprattutto se non li hai mai fatti in tutta la tua vita!”. Come se le parole del mago dell’Alto Ordine della Stregoneria lo avessero offeso, Mogh sbuffò e indicando Baltazar “ma sei a cavallo di Nocchino tu! Non stai neanche camminando! Ma guarda te se io..”.
“Fate silenzio” il battibecco venne interrotto da Piumino che si era fermato sul limitare della strada e stava osservando qualcosa sul terreno “Tracce. Due umani. Stavano correndo, saranno passati circa dieci ore fa” “e quindi?” fece Mogh mentre guardava in cagnesco il mago “e quindi, Mogh, mi sembra proprio una bella coincidenza” Percival Brightblade si direse accanto a Piumino, una mano salda sull’elsa ornata della spada “in questa zona, se non sbaglio” dette uno sguardo fugace verso l’uomo-pennuto accanto a lui. “Non sbagli” disse Piumino mentre continuava ad analizzare le tracce. “Come dicevo, stiamo cercando due scout scomparsi, si stavano dirigendo verso il forte di Wheelwatch a sud ma poi nessuno a Kalaman ha avuto loro notizie. Per caso adesso abbiamo trovato due tracce appartenenti a due umani che stavano scappando. In che direzione Piumino?”. Il ranger si chinò verso il terreno, mise una delle sue mani piumate nella terra e alzò lo sguardo verso il gruppo. “Verso nord, stavano correndo verso Kalaman, forse, se la nostre ipotesi sono corrette, stavano scappando da qualcuno”. “O da qualcosa” disse Baltazar, scrutando la foresta che circondava il sentiero.
L’idea del gruppo era semplice, Piumino, li avrebbe guidati fino a dove portavano le tracce e poi…avrebbero improvvisato. Per il ranger, muoversi nel sottobosco veniva più naturale che camminare sul ciottolato delle strade cittadine. Al suo passaggio neanche il più secco dei rami si spezzava, la stessa cosa non valeva per gli altri. Baltazar dopo aver legato il suo ciuchino, Nocchino, ad un albero, non aveva smesso di lamentarsi da quando era entrato nella foresta. Mogh, divertito dal malessere del mago lo incalzava con battute e schernimenti. Percival, anche se stava facendo del suo meglio, come il suo onore da cavaliere gli imponeva, non poteva evitare di fare più rumore degli altri due, visto che indossava un’armatura di metallo non proprio adatta a camminare silenziosamente nel bosco.
“Ora te lo faccio vedere io Mogh” disse Baltazar mentre tirava fuori dalla borsa il suo libro di incantesimi “da qualche parte lo avevo scritto…dove è? L’incantesimo per lievitare…mhhhh”. Con un sorrisetto beffardo si avvicinò al mago e sottovoce gli fece “sai Baltazar, la vecchiaia fa così, prima non trovi più gli incantesimi, poi non ti trovi più il caz”.
“Ehi voi due, vedete di smetterla, ho trovato una delle tracce lasciate da Piumino”.
Infatti più avanti, l’agile Kenku stava proseguendo nella vegetazione come il vento stesso. Ogni dieci metri lasciava un segno sulla corteccia di un albero, incidendolo con il suo coltello ricavato da un’affilatissima zanna di Warg.
Arrivato nei pressi di una radura si fermò di scatto ed esclamò a bassa voce “merda”.
Là dove la fitta vegetazione si arrestava, alcune creature dai tratti rettiloidi avevano tirato su un accampamento alla bell’e meglio. Sogghignavano e borbottavano tra di loro e, a turno, lanciavano delle accette da legna contro il tronco di un albero. Più in là, un altro rettiloide, intimava due umani in armatura nera e rossa a raccogliore della legna per alimentare il fuoco posto al centro dell’accampamento.
L’esclamazione di Piumino non era legata alla vista di quei soldati dell’Esercito del Drago, affatto. Quel “merda” era per i due uomini legati al tronco di un albero usati come bersagli dalle due creature.
Uno di loro, con gli occhi vitrei rivolti verso il cielo, era stato preso in pieno da un’accetta che gli aveva spaccato la testa a metà, il sangue aveva smesso di gocciolare. Molto probabilmente era finito da un pezzo.
Fortunamente, per così dire, l’altro uomo era vivo, anche se in condizioni critiche.
“Quanto ci mettono ad arrivare” pensò il ranger mentre volgeva lo sguardo verso le sue spalle, “se non si sbrigano questo ci rimane secco, devo muovermi ora”. Si alzò e fece un piccolo sbuffo, parte del rituale che precedeva la sua vocazione prediletta: la caccia.
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